Diritto del lavoro degli anni 2000. Libro bianco, Decreto Biagi
Diritto del lavoro degli anni 2000. Libro bianco, Decreto Biagi Con il secondo Governo Berlusconi s ...
Desta particolare interesse trattare le Operazioni escluse, non imponibili ed esenti ai fini IVA.
Nel sistema IVA, non tutte le operazioni effettuate nell’esercizio d’impresa o di arti e professioni possono dirsi soggette all’imposta.
Come anticipato, vi sono operazioni escluse, non imponibili ed esenti.
Si considerano operazioni escluse tutte quelle che, nonostante siano state poste in essere nell’esercizio di una’attività d’impresa o di arti e professioni, sono ritenute del tutto estranee all’area di operatività degli obblighi sia formali che sostanziali, scaturenti dalla disciplina dell’IVA.
In altre parole, queste operazioni sono ugualmente registrate nella contabilità generale, ma rimangono estranee ai registri IVA. Quindi, si considerano IRRILEVANTI ai fini del tributo.
Manca l’IVA, ma si applicherà il bollo, lo Stato dovrà pur sempre incassare qualcosa.
Ad ogni modo, detta Irrilevanza può derivare:
Tra le operazioni che non sono considerate cessione di beni, possiamo ricordare le operazioni che hanno ad oggetto:
Mentre, per quanto riguarda le operazioni, che ai fini IVA, non possono considerarsi prestazioni di servizi ricordiamo:
Con l’espressione operazione non imponibili si individua, invece, una vasta area di operazioni che sono espressamente elencate negli articoli 8, 8-bis e 9 del DPR 633/1972.
Più precisamente si tratta:
Si tratta di operazioni che vengono sottratte all’imposta per due ragioni. Sia per il principio che l’imposta va applicata nel Paese di destinazione e quindi, nel Paese in cui si realizza il consumo; sia per la difficoltà di trovare criteri univoci di territorialità, quando l’operazione interessa Stati diversi. Si pensi all’ipotesi del trasporto che prevede l’attraversamento del territorio di più Stati.
Ad ogni modo, è importante sottolineare un dato importante. Le operazioni non imponibili sono differenti da quelle escluse.
Le prime, anche se non imponibili, sono ugualmente soggette a fatturazione e a tutti gli altri obblighi formali derivanti dalla disciplina dell’IVA. Pertanto, non vi sono limiti al diritto di detrazione e all’eventuale rimborso.
Si osservi come, questa disciplina porti a una strana conclusione. Vale a dire, coloro i quali effettuano prevalentemente, o esclusivamente, operazioni di questo tipo, potranno recuperare l’IVA pagata solo nelle forme del rimborso da parte dell’Amministrazione finanziaria. Quindi, con gli oneri derivanti dall’attesa dei relativi controlli e adempimenti.
Diventa opportuno dire, già da adesso, che proprio ai fini di contenere il formarsi di posizione creditorie in capo agli esportatori e agli operatori internazionali, il legislatore ha introdotto il regime dell’articolo 8 D.P.R. 633/1972.
Immaginiamo che il Produttore Italiano A vende per 100+22 di iva, al soggetto Imprenditore italiano B.
Il quale, a sua volta, vende al grossista italiano C per 200+44 iva -22 di detrazione per iva pagata al produttore. Ne consegue che verserà all’erario solo 22.
Il grossista italiano C vende per 400 al soggetto Smit americano ed emette una fattura senza iva.
Perché emette una fattura senza iva?
La risposta è semplice. Perché Smit è americano e quindi c’è un’esenzione.
Ora, la normativa iva prevede che si deve indicare sempre il titolo dell’esenzione o dell’agevolazione.
Ne consegue che, nella fattura per il grossista C sarà molto importante scrivere:
Una volta riportata la suddetta descrizione, il grossista C registrerà la fattura in un’apposita colonna separata del registro IVA.
Andiamo a Smit che è il soggetto americano. Egli ha ricevuto una fattura senza iva. Quindi quello che Smit andrà a registrare nel suo registro iva, non sarà la fattura italiana, bensì la bolletta doganale americana. Questo perché l’iva americana sarà pagata alla dogana.
Continuiamo a tenere la nostra concentrazione sul grossista C. Ad egli, infatti, adesso attribuiamo la qualifica di esportatore abituale.
Sorge una domanda di non poco conto. Quando si diventa esportatori abituali?
La risposta è semplice. Quando l’anno precedente si sono emesse fatture in esportazione, per una percentuale superiore al 10% del totale del volume di attività.
Perché è importante capire se un soggetto è esportatore abituale?
Perché essi godono di un’importante agevolazione. L’esportatore abituale nel regime iva, normale avrebbe moltissima iva a credito.
Per evitare domande di rimborso anticipo dell’iva sui propri acquisti, il legislatore ha introdotto il Secondo comma dell’articolo 8 D.P.R. 633/1972.
Esso consente agli esportatori abituali, di acquistare senza applicazione dell’iva, anche se nei limiti del plafond.
Il plafond è dato dall’IVA maturata con l’esportazioni.
Se quindi l’anno precedente è diventato esportatore abituale con 1000 euro, è chiaro che essendo l’aliquota iva al 22%, l’imposta da pagare è pari a 220 euro. Ne consegue che, il plafond è di 220 euro.
Quindi il grossista (esportatore abituale) se prima della fornitura e nei limiti del plafone, manda una dichiarazione d’intendo al produttore, quest’ultimo avrà il diritto-dovere, di emettere una fattura senza iva, a norma del già citato articolo 8 comma due.
La merce che il grossista ha comprato senza IVA, non deve necessariamente essere esportata. Essa paradossalmente può essere venduta anche all’interno del territorio italiano.
Per operazioni esenti si intendono tutte quelle operazioni che sono tassativamente elencate e ritenute, appunto, esenti dall’art. 10 DPR 633/1972.
Si osservi che, la giustificazione a detta esenzione ai fini IVA, risiede in un fatto ben preciso. Vale a dire, che alcuni consumi di ricchezza, non vengono considerati dal legislatore manifestazioni di capacità contributiva.
Questo accade per due ragioni. Perché relative a:
Per fare un esempio e capire meglio. Sono tipiche operazioni esenti:
Ad ogni modo, così come le operazioni non imponibili, anche le operazioni esenti rientrano nel complessivo campo di operatività dell’IVA.
Esse sono soggetti ai normali obblighi di fatturazione, registrazione e dichiarazione, ma a quest’ultime si accompagna l’indetraibilità dell’imposta subita a causa degli acquisti per i beni e servizi che sono serviti per la loro effettuazione. Al riguardo vedi il Secondo comma dell’articolo 19 D.P.R. 633/1972.
In altre parole, lo Stato non guadagnerà l’IVA sul biglietto venduto al passeggero, ma guadagnerà un IVA indetraibile quando l’azienda stessa acquista l’autobus con cui effettuerà il trasporto pubblico urbano. L’IVA è a carico dell’azienda.
Per fare un altro esempio e capire meglio.
Mentre l’avvocato può detrarre l’IVA del computer che ha comprato per il suo studio, lo stesso non può essere detto per il medico. Quest’ultimo pur essendo un operatore, a causa del fatto che la sua attività (prestazione sanitaria) rientra tra quelle ESENTI, egli diventa consumatore finale.
Questo regime trova la sua giustificazione nel fatto che il legislatore ha voluto limitare il beneficio fiscale, al solo valore aggiunto dell’operazione specificatamente esente.
Ora, non c’è dubbio che detta IVA indetraibile sia una partita di costo per l’operatore economico, il quale potrà sempre dedurlo, ai fini dell’imposte sui redditi.
Ad ogni modo, l’operatore potrebbe sempre riversare l’IVA sul consumatore finale, attraverso il meccanismo economico della traslazione. Ossia, sotto forma di una maggiorazione del prezzo dei beni ceduti e dei servizi prestati.
A questo punto risulta agevole comprendere il c.d. Pro-rata di indetraibilità:
Esso, non è altro che: la perdita del diritto di detrazione in misura proporzionale alle operazioni esenti che sono state poste in essere. Il pro-rata si misura con riferimento all’anno precedente.
Per capire meglio, riprendiamo l’esempio del medico.
Alcune medici svolgono solamente operazioni esenti ai fini IVA e su queste operazioni non si applica l’IVA e di conseguenza non esiste l’obbligo di versamento dell’imposta. Come già detto, l’IVA pagata sugli acquisti non è detraibile per il medico.
Ma vi sono medici che compiono sia operazioni imponibili (consulenze a case farmaceutiche, perizie ai tribunale ecc), sia operazioni esenti e si trovano quindi ad applicare l’IVA su talune operazioni e a non applicarla su altre. Ne consegue che per questi soggetti, la liquidazione dell’IVA segue una regola particolare che prende il nome di pro-rata.
Più precisamente, l’articolo 19-bis, del DPR 633/1972 stabilisce che:
Facciamo un esempio per capire meglio.
Immaginiamo che le operazioni imponibili ammontano a 5.000 euro. Mentre quelle esenti ammontano a 2.800 euro. L’IVA pagata sugli acquisti è, invece, pari a 1.500 euro.
Ecco come si procede per il calcolo del pro-rata di indetraibilità:
Se si desiderano approfondimenti circa le Operazioni escluse, non imponibili ed esenti ai fini IVA, puoi scriverlo in un commento.
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