Gli altri redditi diversi
Gli altri redditi diversi:
Concorrono, infine a formare gli altri redditi diversi anche:
I terreno o i fabbricati all’estero (art 67 TUIR lettere E, F):
Essi ricadono nella categoria dei redditi diversi, in quanto, sono beni che non possono essere scritti nel catasto italiano. La loro tassazione avviene concorrendo a formare il reddito complessivo o in base al valore netto riconosciuto dall’autorità in cui si trova il bene, ovvero, in base all’ammontare percepito (si pensi al fitto) ridotto del 15% a titolo di detrazione forfetaria per le spese.
In questi casi è sempre bene guardare cosa dispongono al riguardo le convenzioni internazionali.
I proventi derivanti da usufrutto e sublocazione di beni immobili (art 67 TUIR lettera H):
Questi proventi non ricadono tra i redditi fondiari, non perché l’immobile è sito all’estero, ma perché il percettore non possiede il bene in qualità di proprietario.
Tuttavia essi sono, ugualmente tassabili anche se al netto delle spese sostenute per il loro conseguimento.
I proventi derivanti dalle attività di lavoro autonomo o commerciale che NON sono esercitate abitualmente (art 67 TUIR lettera I, L):
Questi proventi vengono ricondotti all’area dei redditi diversi, perché in difetto del requisito dell’abitualità. Non possiamo quindi estendere loro i criteri di determinazione, previsti per gli ordinari redditi di lavoro autonomo e d’impresa.
Si osservi che sia per i proventi occasionali del lavoro autonomo che per quelli dell’impresa, vige il principio della cassa. Essi cioè, vengono sottoposti a tassazione nell’anno in cui il contribuente li percepisce.
Ovviamente la tassazione avviene al netto delle spese sostenute per la loro produzione.
Tecnicamente, se non si pongono grandi difficoltà pratiche, nell’individuare ipotesi di lavoro autonomo occasionale. Si pensi infatti, ai compensi per delle consulenze occasionali o per la partecipazione occasionale a collegi arbitrali.
Lo stesso non si può certo dire, per quanto riguarda l’individuazione delle attività d’impresa occasionali. Questo perché la giurisprudenza non riconosce il connotato dell’abitualità imprenditoriale – anche se si tratta di operazioni palesemente abituali – se l’esercizio di dette operazioni richiede un cospicuo impegno organizzativo e finanziario.
Si pensi al riguardo all’occasionale svolgimento di attività edificatoria.
Ne consegue che l’area delle attività d’impresa non esercitate abitualmente, sembra sia limitata ai soli compensi occasionali percepiti per un attività di: mediazione, trasporto o in generale, alle attività ausiliarie a quelle commerciali.
N.B. quando si esercita un attività d’impresa che pur essendo non abituale, essa non può essere ricondotta – proprio sulla base di quanto appena detto – alla categoria dei redditi diversi, il soggetto deve aprirsi una piccola partita iva. Di conseguenza riportare nel quadro apposito dell’unico, l’esistenza di questo reddito d’impresa.
I proventi derivanti dalle vincite per la partecipazione a lotterie, concorsi a premio giochi e scommesse, nonché, i premi attribuiti in riconoscimento a particolari meriti artistici, scientifici o sociali (art 67 TUIR lettera D):
Questi proventi non costituiscono in realtà reddito prodotto, in quanto, la natura reddituale è loro estesa grazie ad una apertura in tal senso del reddito entrata. Apertura quest’ultima, giustificata proprio dall’importanza economico sociale che ha ormai assunto il fenomeno medesimo. Si tratta normalmente di proventi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.
Infine, completano la categoria dei redditi diversi anche:
- I redditi derivanti dallo sfruttamento economico di opere dell’ingegno, quando non percepiti dall’autore dell’opera o dell’invenzione (es. i diritti d’autore percepiti dagli eredi).
- I redditi derivanti dall’affitto di beni mobili o dalla concessione in usufrutto di aziende.
- Le indennità compensi e rimborsi spesa corrisposti dal CONI e da altre organizzazioni sportive.
- E in generale ogni altro reddito derivante dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.
Per comprendere meglio farò un esempio pratico.
Un’azienda doveva ampliare i propri locali. Decise quindi di acquistare l’immobile che era sito al piano di sopra rispetto a quella che era la sede. Detto immobile però, era stato concesso dal proprietario in locazione. Quest’ultimo era d’accordo che subentrasse l’azienda, ma avendo firmato il contratto di locazione, non poteva disfarsi dell’inquilino.
Per risolvere detto problema, l’azienda fece con l’inquilino un accordo. Se l’inquilino avesse lasciato l’immobile in locazione prima della scadenza del contratto, l’azienda avrebbe devoluto un premio in danaro. Appare evidente che questo corrispettivo deve essere sottoposto a tassazione, in quanto l’inquilino ha assunto un obbligo di fare.
Ne consegue che questa disposizione di chiusura rende la categoria dei redditi d’impresa, come una categoria aperta a fattispecie anche atipiche. Ma non c’è comunque dubbio, che l’interprete deve leggere questa norma in armonia con l’articolo 1 e 6 TUIR. Questo perché detti articoli fanno emergere la volontà del legislatore, di individuare ipotesi tassativamente determinate di fattispecie reddituali.