Diritto del lavoro degli anni 2000. Libro bianco, Decreto Biagi

Diritto del lavoro degli anni 2000. Libro bianco, Decreto Biagi

Con il secondo Governo Berlusconi si è aperto un acceso dibattito sulla Riforma del mercato del lavoro e al centro della questione, vi fu il conflitto politico-sociale che nel 2002 si ebbe sulla revisione, poi rientrata, dell’articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori.

Il dibattito non poteva che essere obbligatorio visto che nel 2000 il Consiglio europeo di Lisbona, aveva fissato l’ambizioso obiettivo di portare l’Europa allo stesso livello competitivo degli Stati Uniti, investendo:

  • Nella ricerca
  • Nell’innovazione
  • Nell’aumentare il tasso di occupazione al 70% entro il 2010 (obiettivo quest’ultimo del tutto mancato dall’Italia).

Libro bianco

Ritornando all’Italia, il Governo Berlusconi ai fini della questione lavoro, presenta nell’ottobre 2001 il c.d. Libro bianco sul mercato del lavoro, il quale aveva una priorità e cioè quello di incrementare il tasso di occupazione in Italia, mediante l’uso di politiche che rendessero il mercato del lavoro più dinamico e flessibile.

In altre parole, bisognava tutelare il lavoratore tutelando non il rapporto di lavoro, ma il mercato del lavoro e quindi proteggere di meno i già occupati, per consentire ai non occupati grazie alla flessibilità di trovare nel breve termine un altro posto di lavoro.

Una parte del Libro bianco è stata tradotta in provvedimenti legislativi, si è infatti avuta:

  • Una nuova disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato
  • La Riforma dell’orario di lavoro e dei riposi
  • La Riforma del mercato del lavoro, adottata con il d.lgs. n. 276/2003, il c.d. Decreto Biagi. Quest’ultimo ha infatti:

Realizzato un ulteriore apertura ai privati nei servizi per il lavoro:

Modificato rendendo più flessibile, la disciplina di alcuni contratti atipici come:

  • Il lavoro a tempo parziale
  • O il lavoro somministrato

Introdotto nuove forme più flessibili di lavoro, si pensi a quelli che sono:

  • Lavoro intermittente
  • Contratto di inserimento
  • Lavoro ripartito
  • Lavoro accessorio

Riformato il contratto di apprendistato

Introduzione del contratto di collaborazione a progetto

Dualismo nel mercato del lavoro

Ne consegue che il legislatore nel cercare di introdurre e disciplinare la flessibilità, non ha eliminato la disciplina del rapporto di lavoro standard, ma ha semplicemente consentito l’uso di forme contrattuali, per così dire, non standard.

Ciò ha fatto sì che si creasse un dualismo all’interno del mercato del lavoro, più precisamente ha fatto sì che vi fossero, lavoratori di serie A dotati delle vecchie e forti garanzie e lavoratori di serie B con garanzie e tutele blandi e in certi casi nulle.

Si osservi che sul piano concreto detto dualismo si è posto in essere, anche a causa di quella parte del Libro bianco a cui non si è data attuazione per grave carenza di risorse finanziarie. Sto parlando della parte inerente agli ammortizzatori sociali e alle misure di welfare in generale, che avrebbero dovuto in qualche modo compensare le esigenze dei lavoratori flessibili.

In altre parole, ci simo trovati davanti a lavoratori che si sono visti ridurre le tutele inerenti al rapporto di lavoro, senza che abbiano ricevuto tutele maggiori sul piano del mercato del lavoro.

La precarietà

A causa di ciò si è cominciato a parlare della precarietà del lavoro, intesa come degenerazione patologica della flessibilità.

Ne consegue che sono definite precarie, tutte quelle persone che:

  • Con il proprio lavoro e quindi autonomamente, non sono in grado di raggiungere o mantenere un dignitoso livello di benessere economico.

In definitiva il Decreto Biagi

Se volessimo fare un resoconto, potremmo dire che il Decreto Biagi non ha fatto altro che continuare quella tendenza a rendere il lavoro flessibile, che si era avviata negli anni ’90 e che ha in qualche modo contribuito a ridurre il tasso di disoccupazione, con un debole incremento del tasso di occupazione.

In altre parole, detto Decreto non è riuscito a risolvere problemi come:

  • Il basso tasso di occupazione di donne, anziani e giovani.
  • La presenza di un’alta percentuale di disoccupati di lunga durata.
  • Il problema del lavoro nero stimato in circa il 25% del PIL.
  • La situazione del Sud Italia che è negativa su quasi tutti i fronti.

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